mercoledì 3 marzo 2010

Presente Indicativo


Senza menarla troppo per le lunghe, è uscito un altro mio racconto nell’antologia Presente indicativo di “Ad est dell’equatore”. Il libro rientra in un progetto più ampio giunto ormai alla quinta edizione, a cura di Mario Gelardi, che si propone di coniugare assieme il linguaggio della letteratura e quello del teatro. 20 scrittori per 20 racconti incentrati su tematiche contemporanee, da cui dovrebbero essere tratti 20 monologhi teatrali scritti dagli stessi autori. Dico dovrebbero perché in realtà la maggior parte dei racconti è stata pubblicata già in forma di monologo, rendendo l’antologia un po’ di racconti, un po’ di monologhi, e in definitiva un po’ anarchica. Spero che la cosa stuzzichi il lettore senza infastidirlo.

Personalmente ho preferito presentare due lavori differenti, in parte perché sono un purista snob della narrativa e tendo sempre a irrigidirmi di fronte a contaminazioni troppo evidenti, ma soprattutto perché il mio testo è nato direttamente come racconto, è come tale aveva bisogno di essere espresso su carta. Per quanto riguarda quei testi nati direttamente come monologhi, stesso discorso: sarebbe stata una forzatura trasformarli in racconti, e molti avrebbero perso la loro bellezza intrinseca (vedi il Pingitore che scrive in versi deliziosi).

Lo spettacolo teatrale collegato al libro si terrà al teatro Elicantropo di Napoli, dal 4 al 14 marzo, alle 21.00; saranno messi in scena i monologhi raggruppando 4-5 autori per volta. Il mio in particolare ci sarà 10 e 11 marzo. Sulla bontà dello spettacolo non so dirvi nulla, perché noi autori non abbiamo assistito a prove e quant’altro, ma posso rassicurarvi sul talento di Gelardi e di Miale di Mauro; del regista che si occuperà del mio testo invece non ho mai visto nulla (ne ho visto lui), però sono fiducioso fino a prova contraria.

Vi lascio con la presentazione del mio monologo estrapolata direttamente dalla locandina

AL POLICLINICO
Un ragazzo con una spiccata ostilità verso gli ospedali subisce un insignificante danno fisico a causa di un curioso incidente. Viene convinto da un gruppo di laureandi in medicina a effettuare un controllo al policlinico, e lì ha inizio la sua grottesca epopea.

sabato 20 febbraio 2010

Ricettario di Scrittura Creativa


Segnalo questo libro dal titolo un po’ inquietante, ma dal contenuto interessante, perché è un manuale diverso da quelli che circolano in genere sugli scaffali delle librerie. In questo senso, la parola “Ricettario” aiuta a esplicarne il filo tematico. Qui non troverete riferimenti teorici alla struttura della storia, o dei personaggi, oppure consigli su come crearsi un metodo di lavoro efficace.
Quello che avete tra le mani è un ricettario dannatamente pratico (e decisamente ludico), che lavora non sulla visione d’insieme ma sui singoli tasselli, consigliando e accompagnando lo scrittore nella stesura materiale della sezione di testo che si appresta a sviluppare.
Ad esempio. Se vi viene voglia di fare un racconto in forma di diario, troverete il capitolo “Scritture dell’intimità”, dove il genere viene sezionato nelle sue sottocategorie, e ognuna di queste viene esplicata tramite brani di narratori illustri. Seguono poi domande e osservazioni degli autori, che vi consigliano da quali elementi partire per costruire un testo di quel tipo.
Personalmente, mi è tornato utile quando mi è stato chiesto di scrivere un monologo, e siccome non sapevo assolutamente da che parte cominciare, sono andato nel mio bel capitolo “monologhi”, e ne ho letti un bel po’, cercando di capire cosa mi piaceva e cosa no. Così mi sono fatto un’idea, generica e superficiale per carità, ma in certe occasioni anche quelle sono utili.
Per concludere, vi consiglio di guardate a questo testo come a un libro di esempi sulle tipologie narrative, molto comodo perché consultabile come un dizionario, a seconda delle vostre necessità specifiche. Io ogni tanto mi diverto a sfogliarlo e apprendere chicche sfiziose, che possono sempre tornare utili (voi lo sapete cosa intende Joyce per “epifanie”? Io l’ho scoperto ieri). Ve lo consiglio. Lo troverete divertente.

mercoledì 21 ottobre 2009

Stesura del Romanzo terminata (è una buona notizia?)


Terminata l’ultima stesura del libro che, giuro, se fa cagare mi meno giù dal balcone, perché che cazzo, non dovrebbe, da quant’è che ci sto lavorando, un anno? Un anno ittat’ diciamo, agenda vuota, sti fatti qua, si vede che di meglio da fare non avevo. E comunque, già lo so, il coraggio di buttarmi mica ce l’avrei, anche perché ho prodotto troppo poco fin qui, e la mia carriera non ne trarrebbe alcun giovamento. Mi tocca impacchettare tutto e mandare all’editore, e poi si vedrà, mal che vada al centro riciclaggio carta mi daranno giusto quel qualcosa per ammortizzare i costi di stampa.

A parte le stronzate, ormai questo romanzo (in cui ho creduto molto, e in cui credo ancora, anche se sono troppo spossato per ammetterlo) ha raggiunto un tale livello di prevedibilità - ricordo le frasi a memoria - che mi è impossibile giudicarlo onestamente. Ma anche fingendo che il risultato sia disastroso, ho trovato l’esperienza utile, una buona palestra per mettere in pratica il materiale teorico e pratico accumulato fin qui. Quando ne comincerò uno nuovo (e almeno per la prossima settimana non ne ho l’intenzione), eviterò di cadere in un mucchio di ingenuità, che hanno triplicato la mole di lavoro, ritardando il tutto di crca 6 mesi.
Però è inutile rivangare, e poi da queste parti mi dicono che il pessimismo non paga, e io sono d'accordo, perciò al bando dubbi e paure inutili, il libro è bello, quello che non và, se c'è, si aggiusterà. Mò lo farò girare, e qualcosa succederà. Viva la letteratura!

giovedì 8 ottobre 2009

Che delusione il cinema italiano


Quest’anno aspettavo con ansia la triade italiana sfilata al festival di Venezia e tornata a casa senza il becco di un riconoscimento (attori a parte). E l'aspettavo non tanto perché i film mi fossero sembrati particolarmente brillanti attraverso i canali mediatici con cui ho vissuto le anteprime (trailer, articoli, animate discussioni televisive tra critici); gli elementi su cui facevano affidamento le mie speranze partivano dai forti segnali dell’anno passato “Gomorra” e “Il Divo”, che sembravano aver lanciato un sassolino nel lago stagnate del cinema italiano da cui, non dico dovesse svilupparsi un’onda anomala e inarrestabile, ma quanto meno una timida corrente che andasse verso un’inesorabile ripresa (seppur lenta) di tutto l’ambiente. Invece mai come oggi mi sento disilluso, e inizio a pensare che i fenomeni Garrone e Sorrentino (i cui ultimi e bellissimi film non sono neanche i loro lavori migliori) siano un caso isolato, piuttosto che un segnale di ripresa. Se mi illudevo che stesse per succedere qualcosa, insomma, mi sa che ho toppato di brutto.

Il grande sogno: la pellicola di Placido è adolescenziale, a volerle fare un complimento. La regia è buona, come lo era in “Romanzo Criminale”, ciò che manca rispetto a quel film è una sceneggiatura di una qualche consistenza (e qui sarebbe ora che i produttori imponessero ai registi di affidarsi a scrittori di professione per il testo, invece di lasciarli in balia della loro folle ispirazione che spesso si riduce ad arrangiare assieme roba sentita qua e là). La storia si svolge così: un giorno c’è la vita normale, un altro giorno un ragazzo viene bocciato a un esame e … il 68! Ma la cosa più fastidiosa è che i personaggi sono assolutamente stereotipati, e di conseguenza i dialoghi risultano prevedibili e banali, arrivando a suscitare nello spettatore un senso di tenerezza verso gli attori, tenerezza che si trasforma in pietà o addirittura rabbia in caso di accertata parentela con un membro della compagnia. Il film si riprende un po’ nell’ultima mezz’ora, a seguito di un paio di colpi di scena, ma ormai è davvero troppo tardi. Vi giuro che dopo i primi dieci minuti volevo alzarmi e tornarmene a casa, sensazione che prima d’ora avevo provato solo con “La mano de Dios” di Risi figlio.
Placido ha passato il dopo festival a sbraitare (giustamente) contro le offese arrivate da membri del governo, nani e non, senza sapere che proprio alle polemiche deve un successo di pubblico altrimenti inspiegabile, perché dubito che il passaparola abbia aiutato.
Ho letto un articolo che parlava male del film, ma che chiariva le attenuanti già nel titolo Com’è difficile raccontare il 68’. Mi permetto di dissentire. Senza far riferimento ai capolavori del neo-realismo capaci di concentrare nella storia di un individuo tutta la sofferenza di un periodo storico, vi dirò: guardatevi “Milk”. I temi trattati sono simili: movimento di massa e rivoluzione politica, in un contesto intriso di scetticismo e bigottismo; solo con i gay all’arrembaggio al posto dei marxisti. Il film è un capolavoro commovente, che ha il merito di non dare mai la conoscenza degli avvenimenti per scontata.

Baarìa: il discorso per Tornatore è diverso. Se quello di Placido è un film riuscito male, questo è un film che poteva riuscire meglio. Durante la prima ora e mezza ho assistito al Tornatore già visto e apprezzato, padrone di una poetica che diventa una marca stilistica, una chiave capace di trascinare il pubblico nello scrigno segreto in cui riposa il passato del regista. Alla pausa pensavo è impossibile che il film possa perdere l’Oscar, e invece dopo aver assistito alla seconda ora e mezza sono sicuro che lo perderà. In pratica Tornatore, che alla prima pausa ha quasi esaurito la storia del cambio generazionale, ha la pessima idea di arrivare anche alla terza generazione. Il film subisce un’accelerazione brusca e innaturale, che lo porta a toccare di striscio tutti gli eventi della storia italiana fino ad arrivare ai giorni nostri … e poi torna indietro! A quel punto il pubblico è veramente stanco. Io mi sono sentito fortunato a vivere nel 2010, perché se la storia italiana fosse durata altri 30 anni il film sarebbe andato avanti ancora per un’ora.
La seconda parte della storia risulta noiosa, e soprattutto superflua, perché viene utilizzata dal regista per tirare i troppi ami lanciati in precedenza (smarrimento di oggetti magici, ecc.) a cui lo spettatore non sente il bisogno di abboccare perché se ne era assolutamente dimenticato, o, quanto meno, gli erano già sembrati poetici e perfetti nella loro incompiutezza. Ancora una volta la forbice del produttore sarebbe stata gradita.
Facendo un paragone con “Nuovo Cinema Paradiso”, poi, si riscontra la debolezza dell’obbiettivo del protagonista, che sembra non trascinare il pubblico in sala. Se infatti il sogno di diventare regista riesce a coinvolgere lo spettatore per il suo carattere universale, quello di diventare politico soltanto all’inizio è vissuto come un sogno puro, mentre nella seconda parte viene sporcato dall’impatto con la realtà; e allora diventa quasi voglia di arrivismo, più che voglia di essere, di fare, e questo accade senza che il protagonista subisca un cambiamento consapevole. Mano a mano sentiamo che il nostro legame col film, il nostro coinvolgimento, si affievolisce, finché viene a mancare.
Solo ora mi spiego l’incertezza con cui molti critici commentavano il film, probabilmente tormentati tra lo spettacolo del primo tempo e quello del secondo. È impossibile consigliarlo o sconsigliarlo. Andate a vederlo e fatevi un’idea.

Il terzo film “Cosmonauta” (che mi dicono essere più riuscito) mi sono rifiutato di vederlo, perché si concentra sullo stesso periodo storico degli altri due, e alla monotonia c’è un limite.

mercoledì 3 giugno 2009

Galassia a gambe all'aria


Forse, vista l’esperienza degli anni passati, si poteva ragionevolmente immaginare che sarebbe stato impossibile cadere più in basso, e invece gli organizzatori di Galassia Gutenberg 2009 (Liguori editore) quest’anno sono riusciti a raschiare il fondo del barile. Nessun evento particolare; nessun cartello che indicasse la presenza della fiera (alcune persone sono arrivate fin fuori la stazione marittima e avvicinandosi hanno iniziato ad avere forti dubbi che lì si svolgesse Galassia, non trovando alcuna indicazione); pubblicizzazione dell’evento neanche a parlarne. Gli editori erano pochissimi, il 95% campani, dei quali alcuni pubblicavano libri esclusivamente scritti da preti, altri facevano print on demand di 20 copie a titolo, quasi tutti erano a pagamento e provvisti di un catalogo vergognoso. E chi era in possesso degli stand più grandi? I soliti marchi storici del territorio, la cui politica editoriale degli ultimi anni ne ha provocato la morte, e che adesso cercano di portarsi nella tomba l’intera editoria campana, perché rimangono gli unici a calamitare i fondi della regione, togliendo risorse alle poche energie sane, che di quei fondi farebbero cultura, invece di intascarseli. A proposito di fondi…come avrà speso Liguori la valanga di denaro che sarebbe servita per organizzare Galassia? Non è dato saperlo. Perché il punto è che tutte questi individui che continuano ad attaccarsi alle casse della provincia per fare accanimento terapeutico a dispetto della propria evidente morte cerebrale, non devono rendere conto a nessuno di ciò che producono con questi soldi. E qui entra in gioco l’inerzia degli enti locali che rende possibile quest’atto di vampirismo, preoccupandosi solo di spendere il denaro disponibile, senza fare azione di controllo su come viene speso.

Naturalmente la fiera è stata disertata dalla gente, e gli editori hanno avuto perdite superiori al 70%; cosa che capita quando una fiera non offre nulla, il biglietti di ingresso non prevede alcun omaggio (come invece succede a Torino), e gli editori spaventanti dal deserto di compratori non applicano sconti. Sono curioso di sapere chi avrà il coraggio di ripresentarsi l’anno prossimo.

Unica nota positiva la presentazione dei superdotati a cura di “Ad est dell’equatore” (certo, sono troppo vicino alla casa editrice per farne gli elogi, ma mi appello al Mattino, il quale ha segnalato l’eccezionalità dell’evento) grazie a una splendida performance degli A67, gruppo musicale a cui consiglio di avvicinarvi. Tra l’altro Ad est è stata una delle uniche ad applicare sconti sui libri.
Per il resto, niente di nuovo sotto il cielo. Dalla città dei fantasmi è tutto.

venerdì 22 maggio 2009

Sceneggiatori


La settimana scorsa mi sono arrivate 2 mail quasi identiche, che affrontavano questo tema: il passaggio dalla scrittura di narrativa, alla scrittura cinematografica; entrambe consideravano la carriera di sceneggiatore come unica alternativa alla fame eterna. Siccome in questi ultimi anni ho provato un profondo interesse per il mondo della scrittura cinematografica (interesse più ludico che economico), e siccome non sono molto d’accordo con la conclusione a cui giungono le mail, colgo l’occasione per parlarne. Premessa: non sono uno sceneggiatore, né un addetto ai lavori; esprimo opinioni in base alla mia esperienza e alle informazioni che ho raccolto in giro. Grazie cari.
A mio parere, il primo ostacolo da affrontare è capire se siamo adatti a scrivere sceneggiature, nel senso che non sempre un bravo scrittore si rivela essere un bravo sceneggiatore, e naturalmente vale anche il contrario. Molto dipende dal nostro approccio col testo; la sceneggiatura è un affare molto più tecnico rispetto a un romanzo. In un libro, al di là di una serie di regole che è buona norma seguire, la mappa generale tende a piegarsi facilmente alla volontà dello scrittore, mentre la sceneggiatura è più rigida, a causa delle fasi in cui è scansionata (soggetto, trattamento, sceneggiatura). Nel soggetto definiamo i personaggi, le azioni, la trama. È una delle parti più creative (in pratica hai un foglio bianco e devi scriverci quello che succede), l’unica differenza con un libro è che non devi rendere i vari passaggi della storia “letterabili”. Stiamo parlando di un testo lungo massimo 4-5 cartelle dattiloscritte, perciò è facile capire quanto sia importante dire molto con meno parole possibili. Questo per alcuni scrittori è un vantaggio perché si arriva subito al dunque, per altri invece è frustrante perché vedono il proprio stile disintegrarsi. Per quanto mi riguarda, penso si tratti semplicemente di assumere una diversa prospettiva: le marche stilistiche non si legano più alle parole, ma direttamente agli eventi della storia. La nostra personalità penetra nel racconto attraverso ciò che accade (in realtà dovrebbe succedere anche in un romanzo, in quelli migliori succede). Detto così sembra facile e bello, ma il cambiamento è radicale: non possiamo entrare nei personaggi e spiegarli, dobbiamo rendere visibili i loro sentimenti, perciò bisogna ragionare esclusivamente in termini di azioni. Quello che non si vede non succede. Per assicurarci che il pubblico veda e senta tutte le fasi più importanti del film, dobbiamo progettare esattamente l’ordine e la gerarchia degli eventi. È impossibile affidarci all’improvvisazione. Quindi, le variabili che intervengono nello stabilire la nostra propensione a questo tipo di scrittura sono: (A) capacità di strutturare una trama; (B) approccio metodico al testo (non alla Kerouac, tanto per intenderci). Se vi mancano queste due qualità, lasciate perdere.

Una volta buttato giù il trattamento, si passa ai dialoghi della sceneggiatura, che sono la parte più divertente. Qui si torna alle origini, perché le scene dialogate sono un qualcosa di cui abbiamo già una forte esperienza diretta, sia come lettori, sia come scrittori. Quando tutto è finito però, c’è qualcosa che non quadra. Che cosa abbiamo tra le mani? Magari il nostro lavoro è buono, o magari non lo è, sta di fatto che è ancora un lavoro a metà. Ci vorrà un ulteriore passaggio per trasformarlo in un film: la regia. Una pessima regia può rovinare una fantastica sceneggiatura, inoltre una buona regia può essere ridimensionata da un pessimo cast di attori, o da una brutta scenografia, o semplicemente da un baget ridotto. Le variabili sono parecchie e di difficile controllo. Il problema di uno scrittore, quando lavora nel campo del cinema, è accettare l’idea della sua parzialità (problema che in letteratura non si pone, poiché lo scrittore è un Dio che controlla praticamente ogni cosa). Forse questa è la parte più difficile. D’altra parte, si condivide la responsabilità di un eventuale fallimento con una serie di persone, il ché non è male. È una questione di punti di vista, l’importante è capire che si tratta di due forme di scritture imparentate, ma molto diverse.

Lato economico. Non c’è dubbio che sia più facile arricchirsi scrivendo per il cinema, soprattutto considerando il rapporto Lavoro/Compenso, che in letteratura pende drammaticamente dal lato sbagliato. Ma quanto lavoro c’è? In Italia si producono così tanti film? Non credo proprio. È plausibile sostenere che ci sono centinaia di sceneggiatori che ringraziano Dio se hanno l’opportunità di lavorare una volta l’anno. Un mercato più florido è sicuramente quello delle fiction, ma qui i compensi sono più bassi, e poi si tratta di uno schema narrativo in parte diverso dai film, trattandosi di prodotti seriali. Quindi altro studio, altro lavoro di applicazione.

Per tirare le somme, se pensate di passare da una sponda a un’altra solo per avere guadagni facili, scordatevelo. Come in letteratura, c’è un sacco di gente che vuole emergere, e nella migliore delle ipotesi è più motivata e preparata di voi. Fatelo solo se nutrite una passione sincera per il cinema e per il LAVORO di scrittura, oltre ad avere una ferrea volontà di apprendere.


Per chi fosse interessato suggerisco due manuali fondamentali da leggere in quest’ordine:
1) IL VIAGGIO DELL’EROE, Vogler, Dino Audino editore
2) COME SCRIVERE UNA GRANDE SCENEGGIATURA, Seger, Dino Audino editore (non fatevi ingannare dal titolo, è un manuale splendido)


Per altre informazioni (scuole, concorsi, ecc…) http://www.sceneggiatori.com/

venerdì 27 marzo 2009

AAA lavoro cercasi


Ma dico io, un povero cristiano come me, - che per dirla tutta si è proprio cagato il cazzo di vivere con la sorella isterica e la madre rompipalle, le cui diverse peculiarità trovano però un interessante punto di contatto nell'assoluta incapacità di seguire un discorso logico, anche uno semplice semplice, che vada da un punto A a un punto B, senza voler quindi voler considerare le enormi insidie che si celerebbero nel dover determinare un terzo punto C, o, Dio ce ne scampi, addirittura un diabolico punto D -, dicevo, che minchia dovrei fare per trovare uno straccio di lavoro con cui guadagnare quel tanto che basta per poter condurre una vita dignitosa?

E pure, a pensarci bene, non mi manca niente. La laurea non ce l'ho, ma sono ben avviato; un'istruzione non l'ho mai avuta, e credo che mai mi si presenterà l'occasione di farmene una; la mia salute è pari a quella di un infartuato di 50 anni.

In pratica, posso fare solo il parlamentare!, però la politica mi fa schifo, e perciò il problema continua a riproporsi. Inoltre, devo prendere atto che non ciò voglia di fare un cazzo, indi per cui urge trovare uno di quei lavori in cui solo i tuoi capi sono convinti che stai faticando, quelli in cui alla consegna dello stipendio ti invade la gloriosa sensazione di aver appena rapinato una vecchietta indifesa. Se qualche lettore occasionale avesse notizie di un lavoro del genere, me lo comunichi al più presto, e io mi impegnerò a versargli 1/4 del mio stipendio, nel corrispettivo di preservativi tailandesi acquistati a metà prezzo su internet (devo pur reciclare quelli bucati).

mercoledì 4 marzo 2009

Esami:è finita!


La raccolta punti alla sapienza di Roma ha finalmente dato esito positivo, per cui, almeno per quest'anno, di esami non se ne parlerà più. Questo significa che per un paio di mesi posso mettermi a fare lo scrittore? Beh, tesi a parte, mi sa proprio di sì. Oggi ho avuto il primo approccio col romanzo che avevo lasciato raffreddare e, oltre alla certezza di tutti i suoi problemi nella parte centrale, ho avuto anche la conferma che il resto ha la sua consistenza, e rendermene conto dopo un distacco di 1 mese, mi ha riempito di motivazioni. Oggi mi faccio un bel programmino di lavoro, e così spero di terminare tutto entro un paio di mesi (meglio3). Il problema sarà riadattare la roba che va già bene così, ma che non si lega alla nuova parte centrale. Quello un pò mi scoccia, a dire il vero.

Saddà fà.

lunedì 26 gennaio 2009

importanza della revisione finale


Dopo tre mesi di meticolosa programmazione della storia, sia dal punto di vista della struttura generale, che delle scene d’azione e riflessione, e dopo altrettanti mesi di scrittura, per quello che doveva essere il mio primo romanzo con un inizio e una fine degne di questo nome, mi sono reso conto di aver commesso dei tragici errori. La parte centrale della trama, quella che dovrebbe costituire il fulcro centrale della storia, sembrava invece aver assunto la funzione di una grande parentesi, che invece di lanciare i personaggi, li sospendeva in attesa del finale. C’è da fare una premessa: questo lavoro era già stato interrotto una volta, quando mi ero accorto che la storia cominciava troppo presto. A quel punto, avevo già buttato giù 40 pagine. Allora, presi la decisione di buttarle in senso letterale, e così ho fatto. Poi ho iniziato a programmare il lavoro, dalla prima pagina, l’unica che ritenevo buona. Ma adesso, a distanza di 6 mesi, l’idea di rimettere le mani nel romanzo mi tirava talmente giù che in un primo momento ho deciso di lasciar perdere, e ho chiuso tutto in un cassetto.

Naturalmente, ho passato diverse notti in bianco. Semplicemente, era impossibile liberarmi della storia. Se la voglia di raccontarla era stata così forte da farmi letteralmente ricominciare un romanzo la prima volta, come potevo sperare di farla franca? Ho iniziato a pensare a cosa mi avesse mosso a riscriverla, e poi mi sono visto progettare il lavoro, e mi sono ricordato della terribile sensazione che qualcosa in quello schema non andasse. Quei problemi che adesso erano così evidenti, si erano già palesati in fase di programmazione, ma in quel momento ero talmente sfiancato dal lavoro, che avevo deciso di non affrontarli. Avevo solo voglia di scrivere. Mi ero messo all’opera con la speranza che, in qualche modo, quelle falle si colmassero da sole. Ecco una lezione: è impossibile risolvere un problema narrativo se non lo si affronta a brutto muso. Qualsiasi tentativo di prenderlo lateralmente, o peggio, di schivarlo, è destinato a fallire.

Allora, mentalmente, mi sono messo a lavoro sul testo, e subito ho inquadrato l’errore: avevo sbagliato a scegliere l’antagonista. In fase di programmazione, avevo temuto che l’antagonista semplicemente mancasse, per cui ne avevo inventato uno che con la storia c’entrava in maniera marginale. Per questo il romanzo, a partire dal suo ingresso, iniziava a prendere la deriva. Non mi ero accorto che il vero antagonista era lì, sotto i miei occhi, è così l’avevo ridimensionato, dandogli meno spazio di quanto meritasse. Avevo perso di vista l’obbiettivo, per colpa di un’invenzione strampalata.

Adesso ho un elemento fondamentale con cui riprogrammare il fulcro della storia. Certo, rimango un po’ abbattuto. Soprattutto perché sarà impossibile lavorarci subito, dovendo dare i miei ultimi due esami tra un paio di settimane. Inoltre, subito dopo dovrò finire la tesi e lavorare a una sceneggiatura per un corto. Ma riuscirò a fare tutto, più lentamente magari, ma ci riuscirò. Devo assolutamente tenere duro. La mia forza sarà costituita dalle persone che mi sostengono e che credono nel mio lavoro. E tra queste ci sono anch’io, naturalmente.
Un altro elemento che mi deve rendere fiducioso, sono le pagine da cui intendo ripartire. La prima volta che avevo ricominciato il libro avevo ripreso da pagina uno. Adesso le pagine buone sono addirittura 70! La roba da distruggere riguarda 40 pagine, più una ventina da riadattare, ma il resto è abbastanza flessibile da rimanere immacolato, anche dopo una revisione profonda. Il buono della storia è ancora lì, vivo e vegeto sotto le mie mani, e chiede solo le attenzione necessarie per sbocciare in un tutto il suo splendore.
Sarebbe da vigliacchi decidere di abbandonarlo proprio adesso.

lunedì 3 novembre 2008

Toilet 14, ci sono anch'io


Ho atteso l'uscita per annunciarlo (il numero di questo mese non voleva proprio essere partorito): nel numero 14 di toilet è stato selezionato un mio racconto breve ( molto breve), che sarà lieto di farsi leggere da chi dovrà espletare bisogni organici davvero istantanei.
Che dire, sono sinceramente soddisfatto, perchè l'idea di pubblicare per questa rivista mi stuzziva già da un pò, e, quando ho ricevuto la loro e-mail, per poco non mi commuovevo (ma ho resistito fino all'ultimo, fingendo di possedere ancora un briciolo di dignità). Per un piccolo autore/lavoratore come me, queste piccole pubblicazioni sono boccate d'ossigeno puro, utili a tenerti in piedi, durante un percorso che, visto in prospettiva, sembra interminabile.

lunedì 15 settembre 2008

Il giorno più lungo


È così che ci si sente oggi, tra noi ammiratori di D.F.Wallace, dopo che nel bel mezzo di ieri pomeriggio, siamo stati scossi da un breve trafiletto apparso sui siti internet, le cui dimensioni mal si addicevano alla tragicità della notizia. Eravamo insoddisfatti, certo. Quelle poche parole, mal messe assieme, non avrebbero potuto convincerci che Wallace avesse davvero stretto una corda attorno al collo, dimostrandoci come fosse facile distruggere, con un gesto irrisorio, una delle menti più luminose dell’ultimo secolo, a cui la nostra devozione aveva fatto credere essere intrisa di immortalità divina.
Abbiamo dovuto affrontare un giorno di sospensione e angoscia, prima di poter leggere in articoli dettagliati della Repubblica e del Corriere della sera, che tutto era vero. D.F.Wallace è morto. Anzi, si è ucciso a 46 anni, impiccandosi. Un gesto che, per rabbia, ancora non riesco a perdonargli. Neanche leggerlo sul giornale mi ha fatto sembrare la notizia verosimile. Ho dovuto attaccare gli articoli sulla parete, con lo scotch, per poterli tenere in vista tutta la giornata, mentre studiavo, mangiavo, rimettevo in ordine. Alla fine ho capito.

Autore di qualsiasi cosa, dai suoi libri alle liste della spesa compilate per andare al mercato sotto casa – mi piace immaginarle ricche di particolari assolutamente insignificanti e stupendi -, lascia un vuoto incolmabile in chiunque si sia scontrato con la sua prosa. Sì, “scontrato” è proprio la parola giusta. Perché niente assomiglia al modo di scrivere di D.F.Wallace, primo autore a creare un connubio formidabile tra linguaggio letterario e matematico – tipo “il diavolo e l’acqua santa” -, che mai si sarebbe immaginato così fruttuoso. I suoi periodi chilometrici sono intrisi di un’ossessione folle verso i particolari, a cui dedica ogni doverosa attenzione, fino a farli risplendere di significato indotto. Genio, oltre che scrittore, insomma.

La cosa che mi ha fatto più male oggi, è stato leggere articoli scritti da giornalisti che, palesemente, non si sono mai accostati alle sue opere, ma hanno preferito mettere su elogi memorabili tratti direttamente da wikipedia – in particolar modo la definizione di massimalista in contrapposizione con quella minimalista appioppata per l’ennesima volta a Carver. Sarei curioso di vedere Wallace alle prese con questi articoli, e magari venir fuori come il cadavere africano di Hemingway, gridando, “ehi, non sono ancora morto!”.
Adesso in molti, quei poveretti che ancora non lo conoscevano, si immergeranno con spirito di venerazione nella sua opera, e questo mi fa piacere. La letteratura, la grande letteratura, ha il merito di rendere i suoi fautori immortali. Ma per adesso, questo pensiero non riesce proprio a consolarmi.

sabato 13 settembre 2008

Leggi imbarazzanti


Nessuna polemica, solo un dubbio atroce che mi tormenta:
adesso che è stata approvata la nuova legge sulla prostituzione, la ministra Carfagna verrà arrestata?

Forse non ci aveva pensato...

giovedì 11 settembre 2008

Che noiosità!




Domani esame di macroeconomia. Tra un settimana esame di psicologia degli atteggiamenti.
...
giuro che appena ho finito scrivo un post, in questo blog dimenticato da Dio.

mercoledì 4 giugno 2008

Segnalazione articolo

Segnalo anche questa piccola recensione, apparsa di recente su internet. (che capata, ci sta l'inizio del mio racconto!)

http://quotecrossing.splinder.com/

domenica 11 maggio 2008

Articolo su "La Repubblica"


Uè ragà, grande successo. In questi giorni son0 usciti articoli molto positivi riguardo al libro, sia su Repubblica che sul Corriere. Ringrazio pubblicamente gli autori, Marco Lombardi e Alessandra Amitrano, che ci hanno trattato con un riguardo che va ben al di là dei nostri meriti. Per adesso posto solo quello apparso su Repubblica, in attesa che anche l'atro arrivi nella versione on-line.


Pubblicare libri la scommessa di Ciro e Marco

Repubblica — 09 maggio 2008 pagina 22 sezione: NAPOLI


"Tutta colpa di Dio" (120 pagine, 8.90 euro) e "Airbag" (136 pagine, 8.90 euro) sono i primi titoli della casa editrice "ad est dell' equatore", ovvero l' entusiasmante scommessa di Ciro e Marco Marino. 23 e 28 anni, orgogliosamente da Ponticelli, il desiderio di pubblicare libri senza chiedere soldi, solo l' ideale sottoscrizione della comune passione per una letteratura che affronti la realtà con rigore e ironia. Il primo volume raccoglie racconti di Riccardo Brun, Maurizio de Giovanni, Peppe Lanzetta, Luca Maiolino, Ciro Marino, Angelo Putrella e Andrea Santojanni con la prefazione di Massimo Smith, direttore editoriale di "a est dell' equatore". Il secondo è un romanzo di Gianni Solla, blogger partenopeo piuttosto noto e autore di una storia che illustra certe teorie della percezione, da McLuhan al cyberpunk, con un protagonista disturbatissimo a cui capita di intercettare, nell' audio del televisore, le conversazioni telefoniche di altri strani personaggi, a cominciare da una donna obesa picchiata dal marito, continuando con paralitici, squillo di lusso, ballerini di tango e naziskin. Il finale è un tributo a quelle mappe emotive e cognitive sballate fornite da città e luoghi freddi, privi di una comunicazione autentica, oramai sostituita dagli spersonalizzanti imperativi del virtuale. Nei sette pezzi dedicati invece ad altrettanti vizi capitali, lo stile è più mosso, per la presenza di esordienti assoluti (Maiolino, talento da tenere d' occhio), semiesordienti (Marino), giovani discretamente affermati (Brun, Petrella, Santojanni), e senatori come de Giovanni e Lanzetta, quest' ultimo credo padre putativo di quasi tutti gli scrittori nostrani tra i venti e i trentacinque anni. Si passa dal pedofilo disegnato da Marino quasi come tributo all' ineluttabilità del modo di vivere in tale maniera la sessualità all' avaro tratteggiato con classica compostezza da de Giovanni; dall' iracondo di Brun a Franz il superbo firmato Lanzetta e all' omino - invidioso - del treno effigiato da Santojanni. Consiglio una sosta più meditata dalle parti del goloso, opera di un Maiolino in vena perfino sentimentale rispetto alla cattiveria dei colleghi, e dell' accidioso, il tipo umano a cui Petrella dona una vis comica a tratti perfetta, modellandola su sé medesimo, scrittore alle prese con altri scrittori: scioperati, casinisti, affannati, arrapati, mediamente. Una commedia umana bonsai che, forse, riassume la creatività della casa editrice e dei suoi attuali eroi. - MARCO LOMBARDI


da




lunedì 28 aprile 2008

Che Peccato


Purtroppo dovrò smettere di fare l’ufficio stampa per ad est dell’equatore, come ho comunicato all’editore qualche giorno fa. L’illuminazione mi è venuta dopo una presentazione “organizzata” - per usare un eufemismo - a Portici e alla quale non si è presentato quasi nessuno. A quel punto ci siamo guardati tutti in faccia, trovandoci nella tipica situazione “Io pensavo che l’avessi fatto tu!”. Naturalmente, nessuno aveva fatto niente. Il fatto è che è mancata una basilare comunicazione interna, ma soprattutto mi sono reso conto che, anche per quanto riguarda la promozione di aventi, il lavoro da fare spettava a me. E qui ho immaginato come sarebbero stati i successivi mesi di lavoro, con le presentazioni da organizzare, i comunicati stampa, le persone con cui parlare, e io che nel frattempo ero costretto a stare in un’altra città a finire sei esami in due mese, col la tesi da preparare e il libro da finire. Insomma, è entrato in gioco il mio senso di responsabilità: non sarei mai riuscito ad occuparmi decentemente dell’ufficio stampa e in più avrei messo in seria difficoltà l’editore, che sarebbe stato costretto a richiamarmi. Perciò preferisco tirarmi fuori da una situazione che potrebbe rendere tesi i rapporti interni, oltre a dare di me una pessima immagine professionale. Se si accetta un lavoro, tanto vale farlo bene, altrimenti si deve saper mollare. Meglio lasciare spazio a qualcun altro, con maggiore esperienza e tempo libero.

Saluti e a presto, w ad est dell’equatore!

lunedì 31 marzo 2008

Una serata da dio


Sabato 29 Marzo è avvenuto il mio esordio letterario, con la presentazione a Galassia Gutenberg dell'antologia tutta colpa di dio, in cui è presente un mio racconto. La serata è andata bene al di là di ogni previsione. Innanzitutto la sala era strapiena e non per via di parenti e amici, che sono rimastri quasi tutti fuori (visto che lo spazio non bastava!). I libri sono andati a ruba e il progetto ha riscosso moltissimo successo, soprattutto tra gli addetti ai lavori. Questa cosa della casa editrice non a pagamento ( a Napoli!) ha lasciato tutti con un palmo di naso. Ho conosciuto Diego de Silva e ho stretto la mano a Wu ming3! Ci hanno fatto mille complimenti. La presentazione vera e propria, poi, è stata brillante: le risate e gli applausi si sentivano a parecchia distanza dalla sala (soprattutto durante la lettura del racconto di Angelo Petrella, quel cazzo di fantastico scrittore). Maurizio de Giovanni, scrittore ed uomo infinito (non riesco a trovare un aggettivo migliore), mi ha onorato leggendo un estratto dal mio racconto, e io per poco non svenivo. Dopodiché è arrivato il mio momento di parlare: mi ero preparato un discorso magnifico e pienamente significativo che, non appena entrato in funzione il microfono, è subito emigrato in una regione lontanissima della mia mente, lasciandomi lì a sparare cazzate. Ero talmente nervoso che a un certo punto, per fare il tipo sciolto, ho fatto il gesto di puntare il gomito sul tavolino, ma l'ho mancato clamorosamente! Figura di merda assicurata...(spero che nessuno se ne sia accorto ; ) )

Tutta colpa di dio



La casa editrice ad est dell’equatore, distribuita su tutto il territorio nazionale, esordisce con il titolo tutta colpa di dio. Un’antologia che racconta i 7 peccati capitali, prendendo in prestito le voci di sei autori tra i più affermati della letteratura contemporanea napoletana e un esordiente. Con questo libro i due giovani editori, Marco e Ciro Marino, pongono le basi di un progetto ambizioso: costruire una delle poche case editrici napoletane non a pagamento. Riccardo Brun, Maurizio de Giovanni, Peppe Lanzetta, Luca Maiolino, Angelo Petrella, Andrea Santojanni e Massimo Smith (che ha curato editing e introduzione) hanno aderito con entusiasmo al progetto, regalando i loro racconti e la loro collaborazione.Ad est dell’equatore, in partnership con Marcos y Marcos, sarà presente con un proprio stand a Galassia Gutenberg, dove il 29 marzo alle 19.30 verrà presentato tutta colpa di dio. Sarà inoltre possibile acquistare in anteprima airbag di Gianni Solla, nostra seconda uscita. Alla presentazione interverranno gli autori.

mercoledì 5 marzo 2008

Il mio nuovo maestro


Guardate quest’ uomo. Visto così sembrerebbe mansueto, tenero, persino coccolonemorbidoso. Ah ah! Che grossolano errore di valutazione. Certo, voi lo vedete così, ripreso in questa foto, subito dopo aver terminato un’intensiva sessione autoerotica. La prima volta che l’ho visto io, invece, eravamo io, Ciro Marino, Gianni Solla, e Angelo Petrella, a casa Petrella appunto. L’editore mi stava appena informando che avrei gestito io l’ufficio stampa, perché sentiva di nutrire una grande stima verso di me. Gianni Solla stava avanzando il sospetto che sotto questa motivazione di facciata si nascondesse il fatto che nessun altro “è strunz come Luca Maiolino, visto che lo fa gratis”. Comunque sia, a un certo punto, la porta si spalanca con un botto, tutti saltiamo dalle sedie e Riccardo Brun fa la sua entrata in scena impennando sulla sua vespa, che poi (dopo aver lasciato una sgommata di tre metri sul pavimento) parcheggia tranquillamente dentro casa, attaccandola con la catena al portasciugamani del bagno. A quel punto Ciro Marino mi indica questo oscuro soggetto e mi fa: “questo qui sarà il tuo maestro”.
Ora, perché voi capiate del tutto ciò che ho appena detto dovreste:
A) Aver letto il racconto di Petrella, pubblicato in “tutta colpa di dio”.
Oppure
B) sperare che un’anima pia (che sarei necessariamente io) vi contestualizzi il tutto sinteticamente.

Eh, eh, sì cazz’ ca’ vo’ spieg’. No, scherzi a parte, mi rompo proprio le palle. Comunque Riccardo è troppo bravo, è simpatico, un grande professionista e poi è frisck: per cui se non si dimostrerà in grado di insegnarmi a fare l’ufficio stampa, per lo meno mi farà vedere come acchiappare qualche femmina, che ce n’è sempre bisogno. Tra l’altro, mi ha pure cazziato, perché dice che non scrivo mai qua sopra. Ha preteso, come unico utente del mio blog, di ricevere un servizio. Io mi sono subito commosso, ma poi ho riflettuto e gli ho risposto che secondo me nessuno sente la mancanza dei miei post. Lui ha convenuto con me, poi mi ha dato una capata in bocca e se n’è andato lasciandomi lungo sul marciapiede. Così, senza motivo.
La mia avventura è cominciata!

giovedì 29 novembre 2007

Ad est dell'equatore



Giustifico la mia prolungata assenza con due notizie quantomeno rilevanti.

1: a febbraio uscirà un mio racconto, in una antologia sui sette peccati capitali, a cura di "ad est dell'equatore", neonata casa editrice NON A PAGAMENTO, ancora priva di catalogo.
2: sto attualmente collaborando con suddetta casa editrice, per quanto riguarda le attività di ufficio stampa.
3: sto anche gestendo il blog di "ad est dell'equatore", in cui verranno pubblicati ogni mese i cinque migliori racconti arrivati in redazione.
Non tergiverserò sulle modalità del cometuttoquestoèaccaduto, che potrebbero risultare noiose e, in definitiva, poco significative; mi limiterò a sottolineare che questa, sì, è una grande soddisfazione e, sì, mi porterà via una quantità di tempo (unita alla tesi di laurea e ai relativi 8 esami mancanti e allo scrivere) che andrà tutto a discapito del blog.
Prometto di recuperare, usando il blog soprattutto per postare i racconti.

Per quanto riguarda la casa editrice, è fatta di giovani, cercherà di puntare su una letteraturà tagliente ma allo stesso tempo di qualità, e rappresenta una scommessa rischiosa nel panorama editoriale campano: dove in pratica manca un editoria non sostenuta dai soldini degli autori. In più la veste grafica sarà invitante e dispendiosa (non come certe pubblicazioni che...lasciamo perdere...) il tutto offerto alla modica cifra di 8 euro; un prezzo quanto mai concorrenziale. Se ci fosse anche un preservativo in omaggio, abbinato a una velina pronta per l'uso, sarebbe il massimo.

C'è solo da sperare che questa iniziativa riesca a raccogliere anche il consenso del pubblico, oltre a quello già manifestato dagli ambienti intellettuali (che, per quanto faccia piacere, non porta al suo seguito alcun aiuto pecuniario), per evitare di finire a mare con tutti i panni.

Detto questo, ringrazio per l'attenzione e saluto distintamente.
Per chi fosse interessato: http://www.adestdellequatore.com/


venerdì 21 settembre 2007

La genesi, e altre indiscrezioni riguardo Dio


Salve a tutti! Mi chiamo Tommy e sono un puntino nero che se ne va in giro lungo un foglio. Il foglio è bianco e si estende all’infinito, ed io ci corro sopra a più non posso, finché non resto senza fiato. Allora mi fermo e faccio pausa per un poco. È una dannata vita in corsa la mia! Sto tutto il giorno assieme ai miei amici supervelocissimi, che sono tre puntini neri tali e quali a me: siamo sferici e veloci, e la nostra corazza nera risplende quando incrociamo per caso un raggio di luce che proviene da ovest. Siamo dei puntini coi fiocchi noi! Io sono nato un giorno chissà come, neanche i miei amici ne sanno niente. Lucio, uno di loro, per un certo periodo aveva sostenuto che l’artefice di tutto fosse Dio. Ve lo dico io chi è stato, ripeteva in continuazione. Si tratta del gran capo in persona, è proprio di lui che sto parlando. Ma Franz, che era un altro puntino nero uguale a noi, pareva essere in possesso di informazioni molto riservate, e bisbigliava con grande cautela.- È impossibile, vi dico. LUI deve ancora nascere. Lo so per certo. Ci vuole tempo per queste cose. Serve la giusta dose di sentimenti negativi, non dimenticatelo; altrimenti, a cosa mai ci servirebbe un Dio? -
Lucio non era molto entusiasta di questa versione, ma dopo un po’ se ne convinse anche lui, mentre per July il dibattito era del tutto indifferente. Io seguivo la sua linea, soprattutto perché July mi piaceva parecchio. Non me ne fregava niente delle questioni teologiche a me, volevo solo spassarmela con July.
Da qualche tempo ci eravamo scelti un nome per ciascuno, perché ci era sembrata una cosa carina da fare. Prima che arrivassero i nomi era parecchio deprimente qui. Ognuno rotolava per conto suo da una parte all’altra del foglio e siccome ciascuno era uguale a tutti gli altri, finiva per sentirsi “tutti gli altri”, e questa sensazione faceva sì che a nessuno venisse voglia di fare amicizia. Ma quando decidemmo per i nomi, tutto divenne diverso, perché a un certo momento ognuno di noi ebbe qualcosa di unico che poteva essere condiviso con gli altri puntini, e ogni puntino desiderava ottenere quel qualcosa dagli altri. Iniziammo a sentirci un’esplosione dentro, e sapevamo che quello era il nostro carattere che si andava formando. Così stringemmo amicizia e da quel giorno rotolammo sempre in gruppo. Un problema però rimaneva: pur essendo cambiati dentro (nel nostro animo, per così dire), nel fisico continuavamo ad apparire assolutamente identici, per cui ognuno conosceva il proprio nome ma nessuno poteva essere certo del nome dell’altro. Ci toccava sempre chiedere, per sicurezza.
Un giorno chiesi a July se era veramente July, e quando mi rispose di sì la portai a fare un giro noi due soli, con Lucio e Franz che ci tenevano d’occhio da lontano. Erano gelosi, quei due, ma sapevano come giravano le cose e non giravano certo dalla loro parte. Lei era di fronte a me e io ero di fronte a lei. Sentivo che stava per succedermi qualcosa di assolutamente nuovo ed eccitante, e capivo che July desiderava farlo succedere alla svelta, glielo si poteva leggere sul riflesso magnetico della corazza, ma proprio in quel momento, nell’istante prima che i nostri corpi si sfiorassero, mi resi conto delle terribili ambiguità che quella situazione si portava dietro. Mi ricordai, infatti, che la scelta dei nomi era stata del tutto arbitraria. Voglio dire, come facevo a sapere che si trattasse davvero di una “July” e non stessi invece per avere un rapporto ravvicinato con un “Carlo” o roba del genere? Maledizione, non c’era verso di controllare. Per cui, dominato da un’ansia cosmica, intimai alla presunta July di starmi lontano, altrimenti ti riduco in un cubetto bello e pronto, le dissi. Lei si spaventò e questo mi fece sentire in colpa, così le dissi, va bene, se proprio vuoi restare, accomodati, basta che stai ben attenta a non toccarmi. Però lei volle allontanarsi lo stesso, anzi, sospetto che quelle mie dichiarazioni non fecero altro che turbarla ulteriormente, piuttosto che ricondurla ad una nuova e sana calma spirituale, risultato che invece mi sarei aspettato di ottenere. Voleva passeggiare un po’ per conto suo. Disse che le serviva del tempo per pensare. Si trattava forse di un tentativo per dimostrare una volta per tutte la sua femminilità, siccome soltanto da una donna poteva provenire una richiesta tanto sciocca? Devo ammettere che ci pensai, ma arrivai alla conclusione che non valesse la pena rischiare. Mentre rotolava via mi indicò un punto bianco nel quale ci saremmo rincontrati più tardi. Ma siccome non aveva niente con cui indicare (perché ancora nessuno aveva inventato le dita) e anche se ci fosse riuscita avrebbe indicato un punto bianco identico a tutto il resto del foglio, finì che July non tornò mai più indietro, nonostante io avessi continuato ad aspettarla per tutto il tempo. Quando spiegai la storia ai ragazzi, quelli volevano farmi il culo. Erano incazzati sul serio, perché dicevano di essere tormentati dalla prospettiva della solitudine eterna che attendeva la nostra amica. Balle!, dico io. Erano tormentati dal pensiero di non potersela più ingroppare, ecco cosa. Cercai anche di illuminarli sulla faccenda dei nomi ma non servì a niente, con due ottusi come quelli. Per cui avevo questi due puntini alle calcagna pronti a farmi la pelle, e io ero solo soletto in mezzo a un foglio. Erano cazzi!, anche se non sapevo bene cosa fossero.
Il primo ad attaccare fu Franz, che prese una breve rincorsa per poi venirmi addosso a tutta birra, speronandomi su di un lato. Volammo entrambi in direzioni opposte, per poi ricascare dentro il foglio. Io uscii incolume dall’urto quasi per miracolo, mentre Franz si ritrovò una fiancata solcata da una profonda linea grigia. Per poco non mi faceva fuori. Un centimetro più al centro e, puff, addio Tommy, il giovane puntino nero e sexy. Non potevo crederci. E quelli, fino a poco prima, erano i miei amici! I miei unici e più cari amici! Già il prossimo attacco sarebbe potuto risultare letale. Ero spaventato a morte.
Vidi che anche Lucio stava per prendere la rincorsa, rotolando lentamente all’indietro. Poi sembrò esitare e infine si fermò. Capii cosa stava succedendo, ringraziando il cielo. Anch’io avevo provato un grande senso di comunione con Lucio, nel momento in cui Franz era diventato un puntino nero con una linea grigia disegnata su di un lato. Io non avevo linee grigie e sapevo che neanche Lucio ce le aveva, e questa semplice considerazione bastava a farci sentire molto più uniti. All’improvviso entrambi desideravamo ardentemente fare fuori Franz, e anche a Franz gli sarebbe piaciuto metterci le mani addosso, ma lui era l’unico puntino zebrato di tutto il foglio e non poteva fare un accidenti di niente. Così io e Lucio iniziammo ad inseguirlo, e quando riuscimmo ad acchiapparlo l’avevamo già stretto sui due lati, e con una gran rincorsa lo schiacciammo nel mezzo. L’impatto fu terribile e noi tutti esplodemmo all’istante, allargando noi stessi all’infinito sull’intero foglio, che divenne così un’enorme macchia nera senza più confini percepibili. Non eravamo mica morti però! Ma fu ugualmente molto triste perché, anche se esistevamo ancora, bisognava ammettere che non avendo più limiti corporei a definirci come figure, diventava difficile anche solo sapere dove fossimo, per cui finimmo per pensare alla morte in maniera quasi ossessiva. Un giorno lo pensammo così intensamente che morimmo per davvero e poi ci fu il nulla pieno di disperazione e da quel nulla, addensatosi in una grande palla trasparente, nacque Dio. Come prima cosa, Dio, aprì i suoi due occhi verdi, e vedendosi solo soletto in mezzo al nulla, si spaventò.
- Per Dio!- disse Dio - Questa è la fine!-
E invece il bello stava soltanto cominciando.

mercoledì 12 settembre 2007

Dialogo con la paziente minimum fax



Metto in evidenza un botta e risposta tra me e una cordiale collaboratrice di minimum fax, avvenuto nei commenti di un mio vecchio articolo, e che mi sembrava giusto riproporre, per questa occasione.


Minimum fax, peccato (articolo del giugno 2007)


Da oggi sarà impossibile per qualsivoglia autore improvvisato (cioè, privo di un’agenzia letteraria o di altre solide strutture mediali che si preoccupino di affibbiarsi tutta quella gravosa opera di sostegno, che in mancanza di tali strutture finirebbe inevitabilmente per accumularsi tutta sulla striminzita e poco spaziosa schiena dei poveri scrittori potenziali), dicevo, sarà impossibile per questi autori dilettanti mostrare il proprio lavoro presso la Minimum fax, che con un messaggio coraggioso, è importante sottolinearlo, lo ha comunicato con un post ben visibile nella pagina di apertura del suo sito.

Non si capisce bene se la cosa riguarda solo l’anno in corso e il 2008, o se finirà per coinvolgere anche quelli a venire. Ma il tono generale lascia pensare che la seconda ipotesi sia la più verosimile. Il motivo per cui mi sono scomodato a segnalare questo evento, non trae origine dalla volontà di sfogare un lungo e isterico piagnisteo su come, oh mio Dio, questi spregevoli editori lascino in balia degli oscuri flutti marini i giovani talenti letterari, e quel che segue. Dio ce ne scampi. Ma il fatto è, signori, che si sta parlando di Minimum fax. E ciò vuol dire parlare di un progetto più ampio, che fino a poco tempo fa aveva come scopo dichiarato quello di costituire la rete principale della pesca ai talenti, un vero e proprio faro che scova nella notte anonima, per poi seguire, far crescere, lanciare. Il tutto basato, qui stava la novità, sulla qualità e non sulla vendibilità (punto questo, che per fortuna non è cambiato). La portata di questo progetto è stata il vero motore del successo di minimum fax, perché è attorno a questo che mano mano si è andato a costituire un gruppo sempre più numeroso e fedele di sostenitori/lettori (dei quali io faccio parte).

D’altra parte, il cambiamento di politica poteva già intravedersi parecchi mesi fa, osservando con attenzione i movimenti della collana Nichel. Quando dopo parecchio silenzio saltano fuori ( evviva, evviva) questi due libri (di Pascale e della Susani) che non solo vengono quasi spacciati per esordienti o scoperte minimum, ma sono anche provvisti di copertine ancor più orribili di qualsiasi altra copertina minimum (il che è un impresa a dir poco eccezionale). In realtà Pascale è un ex-scrittore Einaudi, e la Susani, che viene denominata la nuova “Valeria Parrella”(questa sì, scoperta dal nulla, in piena filosofia minimum), è una collaboratrice della più importante rivista letteraria Italiana. Uscita successiva, stessa storia. Un’antologia di esordienti che oltre a non superare il livello medio delle antologie della stessa casa editrice (a parte un paio di racconti veramente impressionanti), ha delle particolarità. Molti degli “esordienti” hanno collaborato con riviste di notevole importanza, e una di loro ha addirittura un contratto già firmato con Fazi! Ma per carità, nessuno dice che questo tipo di lavoro sia di per sé deprecabile.

Quello che voglio dire, è che la casa editrice è passata da un modello iniziale “scopro-autore-dal nulla-con le mie sole forze”, a un modello, “lancio-autore-già inserito nel sistema letterario- o segnalatomi dal sistema stesso” (e cioè lo stesso metodo, vincente, che minimum adotta per la collana sotterranei). Senza stare a soffermarci sui due argomenti che ai lettori più attenti saranno balzati agli occhi (l’errore di Minimum fax nel continuare a pubblicizzare il secondo modello come se fosse ancora il primo, perdendo una briciola infinitesimale di credibilità, e il fatto che l’unica spiegazione a questo cambiamento, è che la collana Nichel semplicemente non tiene il passo delle altre.) quello che mi interessa capire è il tipo di reazione che avrà la colonna portante del pubblico minimum. Perché se è vero che la casa editrice non commette nessun atto vergognoso nel voler dismettere i suoi panni eroici, dopo essere stata una delle più grandi scommesse vinte in tutto il panorama editoriale italiano, per ancorarsi a un bel paio di binari tranquilli che portano sicuramente in terre più serene e meno combattute, bisognerà anche ammettere che chi si è fatto trascinare dall’entusiasmo della sfida giornaliera, e dal “Oh mio Dio, ma l’hai visto questo SCONOSCIUTO come scrive bene” decida semplicemente di abbandonare la barca. Bisognerà vedere a quali fette di mercato darà accesso la nuova politica, e se in definitiva ne sarà valsa la pena.Non credo che alla fine minimum fax rischi qualcosa, se non di prendere la strada che porta direttamente a diventare una grande casa editrice (cosa che ha tutto il diritto di pretendere). Ma dispiace vedere un forum, fino a poco tempo fa così attivo, svuotarsi in pochi mesi, e assistere al disperdersi fulmineo di una comunità così vasta e attiva.


Dal canto mio continuerò a comprare libri della minimum fax, perché sono convinto che la loro qualità rimarrà intatta, e che non smetterò di trovarci dentro quel qualcosa in più che difficilmente emerge da altri libri. Eppure oggi questo qualcosa ha un gusto diverso, si tratta di piccole e impercettibili differenze, come quella di bere una birra in compagnia di amici oppure da soli spaparanzati su un divano, differenze che intaccano quel senso di appartenenza a qualcosa di più grande, e che oggi, lo si voglia o meno, diventa più difficile da percepire.


Andreina di Minumum fax, risponde


scusa il ritardo, leggo solo oggi.
vorrei tranquillizzarti: nella redazione di minimum fax fa tuttora bella mostra di sé una pila di manoscritti inediti (che non ci azzardiamo a quantificare, ma ancorché scomposta in varie colonne dev'essere alta nel complesso almeno 2,20 metri) giunti negli ultimi mesi prima del "blocco", e ancora da esaminare.detta pila, fra l'altro, è il motivo principale di detto "blocco". tieni presente che prima del fatidico 10 giugno ci arrivava in redazione una media di 10-15 manoscritti AL GIORNO. questo stato di cose - unito al fatto che i lettori dei manoscritti sono gli stessi redattori di minimum fax, e che i redattori, durante la loro giornata lavorativa (che spesso supera abbondantemente le 8 ore), hanno parecchie cose da fare, per esempio dei libri - ha causato la formazione della già citata pila. tenendo conto che nella collana nichel escono 4-5 libri all'anno, direi che possiamo ben sperare per le future scoperte della minfax prima della riapertura delle dighe (che si riapriranno, mi assicuravano proprio ieri i responsabili della collana, più o meno alla scadenza prevista: perché dovremmo precluderci una fonte tanto interessante di scoperte?).un'altra precisazione: Carola Susani non è mai stata pubblicizzata dalla minimum fax come "la nuova Valeria Parrella": nei nostri comunicati dichiaravamo semplicemente che "dopo Valeria Parrella" (incontestabilmente la prima donna pubblicata nella collana Nichel), un'altra voce femminile veniva ad aggiungersi al catalogo italiano di minimum fax. rispettiamo troppo la maturità letteraria e l'esperienza di Carola per sminuire in qualsiasi modo la sua figura di scrittrice.
4 settembre 2007 4.26


Io, rispondo



Scusami anche tu se non ho risposto a tempo debito, ma solo ora mi accorgo del commento.Per prima cosa, Cristo! Neanche nei miei sogni più sfrenati mi sarei immaginato di ricevere una risposta, tra l’altro così seria e dettagliata. Mi sento decisamente lusingato. Per cui, cercherò di essere all’altezza dell’evento, dimostrandomi il più preciso possibile.

Sono felice che il cambiamento sia soltanto momentaneo. Ne sono felice in quanto scrittore (presunto e potenziale) e in quanto lettore (titolo, questo, che mi spetta per diritto di nascita). Ma, anche se fosse stato il contrario, non avrei avuto alcun motivo per criticarvi: soltanto per dispiacermene.

Le mie obbiezioni erano riferite a una questione più sottile: non si tratta del fatto di sbarrare la strada agli esordienti, ma di offrire loro una falsa pista. Mi spiego meglio; La Nichel è nata coma collana italiana per esordienti, sbaglio? Dopo un po’, quando la vostra casa editrice ha raggiunto la visibilità giusta, avete deciso di attingere anche da scrittori maturi, perfetto, niente di più giusto. Contemporaneamente però, le uscite all’anno sono rimaste le stesse, ovviamente per motivi economici che sono da considerare di forza maggiore. Ecco il punto.Vedi, per quanto possiate visionare pile e pile di manoscritti (e sono convinto che lo facciate con tutta l’attenzione e la passione necessarie), uno scrittore maturo sarà sempre superiore al migliore degli esordienti, e con sole quattro uscite l’anno, c’è poco da fare i conti. Le due cose potrebbero coesistere solo nel caso in cui voi aveste la possibilità di fare numerose uscite all’anno, come “Fazi”, altrimenti o si sceglie di far pubblicare solo esordienti (almeno imponendone un paio l’anno) o gli esordienti semplicemente non vengono fuori.Non è soltanto una mia opinione; è esattamente quello che è successo nel 2007. Elena Stancanelli è o non è una scrittrice Einaudi? E Antonio Pascale? Carola Susani (bravissima scrittrice) ha o non ha scritto un libro per feltrinelli? Quanti dell’antologia “Voi siete qui” (pubblicizzata come “di esordienti”) non erano esordienti a tutti gli effetti, di quelli che vi mandano il manoscritto e voi li richiamate? Da quanto tempo minimum fax non fa uscire un esordiente vero e proprio?

Tra l’altro, se devo essere totalmente sincero con me stesso, tutto ciò non mi causa nessun problema in particolare. Quello che mi ha spinto a scrivere l’articolo, è nato mano a mano che si discuteva tra vari amici legati in diversi modi a minimum fax, ed è sintetizzabile in una sensazione di omertà generale, in cui assistevamo a un cambiamento di politica lento e non invertibile, che però nessuno della redazione aveva il buon senso di annunciarci. Mi spiace di dover insistere ancora su questo argomento (il cambiamento di politica), ma anche se voi negate il fatto e vi impegnate a selezionare ogni singolo manoscritto che arriva (non escludo infatti che la cosa sia avvenuta naturalmente, e cioè, senza una sorta di premeditazione), le ultime uscite minimum parlano da sole. E c’è un fatto: il vostro forum si è trasformato in pochi mesi in un’isola deserta. Ora, sta a voi ignorare l’avvenimento o meno, ma io, personalmente, non sono annoverabile tra coloro che credono al succedersi casuale degli eventi.

Vorrei però essere preciso su un punto: non sto cercando in nessun modo di dimostrare un teorema scientifico; ho solo cercato di dare voce a un sentimento che sentivo condiviso da un numero di persone consistente. Nulla mi renderebbe più felice che l’essere smentito già da quest’anno, o magari nel prossimo, con l’uscita di un bel paio di libri scritti da esordienti veri, alla maniera di Valeria Parrella. Penso che questo sia il modo migliore in cui possiate rispondere alle perplessità dei vostri sostenitori più accaniti, quelli che vi seguono fin dalle origini e che col loro sostegno (sostegno morale o finanziario, nel caso dei numerosi libri acquistati) hanno dato un contributo essenziale alla crescita di minimum fax. Altrimenti andrà bene lo stesso ma, ed è solo un consiglio, siate sinceri e dite che le cose sono cambiate; nessuno se la prenderebbe a male. L’onestà, soprattutto per i lettori di Carver, non può mai essere un fatto deprecabile.

Ultime cose: una rettifica e due complimenti.

Rettifica: sono andato a ricontrollare le dichiarazioni sulla Susani, ed effettivamente avevi ragione riguardo al paragone con la Parrella. Ero io che ricordavo una discussione sul forum, in cui l’associazione tra i due nomi veniva vista come un paragone inopportuno. Nella mia memoria la discussione era diventata una vostra dichiarazione. Errore mio, chiedo scusa.
Complimento n°1: ho letto i libri finalisti del premio Napoli (nel senso che ne ho letto i testi, e non mi sono soltanto informato sui titoli). “Stati di grazia” è nettamente superiore agli altri due, e sono sinceramente convinto che riuscirà a vincere.

Complimento n°2: “La posizione della missionaria”. La posizione della missionaria! In Italia! Siete fantastici…
9 settembre 2007 11.32

mercoledì 5 settembre 2007

Il Budda delle Periferie


Ho appena finito di leggere questo libro, questo splendido libro, e mi andava di dire qualcosa a riguardo. Ma prima, vi prego, date un'occhiata al suo incipit: “Mi chiamo Karim Amir e sono un vero inglese, più o meno”. Può un romanzo contemporaneo iniziare in maniera più promettente? Non credo proprio; difficile da immaginare. Quello che però mi congela l’entusiasmo in occasioni del genere, quello che mi impedisce di correre nudo nel bel mezzo della strada munito soltanto di un aggeggio piccolissimo e penzolante che si dimostra però molto utile nel tenere alla larga i passanti occasionali, tanto per intenderci, è che difficilmente incipit del genere mantengono poi tutte le aspettative che si portano dietro. E in parte succede la stessa cosa anche qui. Per cui, a conti fatti, sono felice di non essermi sputtanato per la strada.
In realtà la cosa è molto semplice: dall’inizio ci si aspetta un capolavoro indimenticabile (non mi riferisco solo all’incipit, naturalmente) e alla fine ci si ritrova “soltanto” con un bellissimo e ottimo romanzo.

Kamir Amir è un adolescente indiano dalla dubbia sessualità che non ha mai visto l’India. Nato e vissuto nella periferia Sud di Londra, dovrebbe essere un vero inglese a tutti gli effetti, ma ovviamente non lo è. Gli Inglesi sono gente dalla pelle bianca e dai capelli biondi, niente a che vedere con la carnagione olivastro con cui va in giro Kamir. Il padre, “Il Budda delle periferie”, un ex-mussulmano che insegna yoga e metodi di concentrazione mistica a un gruppo di mezze-seghe, lascia la famiglia e va a vivere insieme alla donna che gli permette di tenere queste dubbie lezioni in casa propria, una interessante e colta signora divorziata in possesso di un solo seno, che Karim adora (la signora o il seno?); tutti insieme si trasferiscono a Londra. Da qui inizia il lungo viaggio di Kamir alla ricerca del suo posto nell’universo, che passa necessariamente attraverso la scoperta di un mondo nuovo, intriso di sesso, spettacolo, e possibilità da cogliere al volo.

Si tratta certamente di un romanzo di formazione, in cui il tema centrale è il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, e di cui il merito principale è quello di essere eccezionalmente moderno; il che porta con sé: scorrevolezza, intensità, introspezione dilagante rispetto alla narrazione (forse eccessivamente dilagante). Nonostante alcune cose che non mi sono piaciute, tipo alcune espressioni che si ripetevano un po’ troppo spesso (se si etichetta qualsiasi emozione con “per la prima volta in vita mia” il lettore inizia a pensare che il protagonista non abbia mai avuto un sentimento umano prima), mi sento cmq di consigliare questo libro.
Leggetelo. Soprattutto se uscite da qualche lettura pesante o deludente. Non ve ne pentirete.

giovedì 26 luglio 2007

Il grande drago verde


È finalmente uscito il mio primo racconto pubblicato su carta! Ieri, sulle pagine del “Roma”. Gli editor del giornale lo hanno fatto uscire con un titolo da quinta elementare, una cosa che addirittura mia nonna, quando l’ha visto, ha commentato “E che è sta stronzata?”. Lo ripropongo sul mio blog ( obbligatoriamente COL TITOLO ORIGINALE).




Il grande drago verde




La signora Siriani sollevò la testa dalla rivista, con un sospetto. Il sospetto, che era sottile e appena percepibile, aveva il gusto acre di un limone appena spremuto, e si nascondeva come un indizio dietro l’odore di salsedine e della plastica dei palloni che rimbalzavano sulla sabbia. I palloni sbucavano fuori a centinaia e quando volavano per aria tutti assieme, sembravano poter ricoprire il cielo intero. Ma non succedeva mai. Rimanevano sempre delle larghe toppe azzurre, dalle quali filtravano i raggi del sole.
Nell’alzarsi, la signora cercò di mantenere un certo contegno, visto che non le andava di farsi prendere per matta. Distese lentamente le ginocchia e si avviò verso la riva. Tanto non c’è fretta, pensò, lo faccio giusto per dare una controllatina, ma è tutto Ok. Lasciò le proprie impronte in fila indiana, finché non arrivò sul bagnasciuga. La sabbia friggeva e la spiaggia era come una padella. Annegò i piedi nell’acqua. Poi, con estrema calma, ispezionò con lo sguardo l’intero lido. Più tardi passò al mare e alle onde, standosene sempre ferma in quella sua posizione strategica.
Quando il signor Siriani sentì le urla della moglie, capì subito quello che stava succedendo, ecco qui, si disse, un altra crisi d’ansia bella e pronta, e si lanciò verso la riva pronto a soccorrerla. Ma appena fu abbastanza vicino da poterle vedere bene il viso, gli si gelò il sangue. La signora era come una colonna di marmo bianco fissata nella sabbia, fatta eccezione per un braccio che teneva puntato fisso ad indicare un puntino verde in mezzo al mare.
- Il drago verde è lì. - disse la signora. - Galleggia sull’acqua. Ma Monica non c’è. -
A quelle parole il Signor Siriani si tuffò senza pensarci due volte e nuotò fino ad arrivare al drago, e tornò indietro. Riportò alla moglie la ciambella della figlia, che aveva la testa di un drago verde attaccata sul davanti, ma la figlia dentro non c’era.
- Sta calma. - le disse - Probabilmente si sarà messa a costruire qualche castello di sabbia sulla riva e si sarà dimenticata della ciambella. Tutto qui. Vedrai che la troviamo subito. -
Ma appena pronunciò quelle parole si rese conto che non era vero niente, e scoprì di essere già entrato in un film in cui non poteva far altro che rimanere a guardare i propri gesti, si vide mentre gridava il nome della figlia, e vide la moglie, e vide una gran folla che si era unita a loro senza capire bene il perché. Cercava di tenere d’occhio soprattutto la moglie. La vedeva stringere forte a sé la ciambella della figlia, mentre strillava, e pensava a cosa lei stesse pensando, e arrivò alla conclusione che il suo pensiero principale dovesse essere “che genitori terribili siamo stati a lasciarla tutta sola con questo orribile drago”. Anche a lui non andava tanto a genio, questa storia del drago. Si disse che magari sarebbe stato più opportuno comprarle una ciambella con la testa da orsetto o di tartaruga, e intanto si sforzava di rientrare nel suo corpo. Vide la folla spostarsi sempre più verso il mare, finché non ci entrò totalmente dentro e solo allora anche lui rientrò nel corpo, e si ritrovò accanto alla moglie e ne fu felice. Poi alzò lo sguardo e fu infelice di nuovo. La moglie lo vide immobile a fissare un punto lontano in mezzo al blu e all’inizio ebbe paura di guardare, ma poi si voltò anche lei. Il resto della folla scavava istericamente nell’acqua, sbracciando e urlando come se fossero stati attaccati da uno sciame di api inferocite, mentre i signori Siriani se ne stavano impalati, fermi, con lo sguardo fisso su un punto lontanissimo. Rimasero in questa posizione per parecchio ancora.
E così capirono come stavano le cose.


Fine


Tanto per farvi fare due risate vi dico il titolo con cui è uscito sul "Roma": "Due genitori davvero...mostruosi". A buon intenditor, poche parole.

domenica 8 luglio 2007

Attenti a cosa mangiate


>>> E' stato fatto un recente studio da due scienziati modenesi in>>>> Collaborazione con Beppe Grillo, in cui si dimostra che vi sono>>>> prodotti alimentari regolarmente venduti in Italia e nel mondo, che>>>> contengono particelle di metalli pesanti altamente cancerogene,>>>> provenienti dal fumo di "termovalorizzatori ", che altro non sono>>>> se non INCENERITORI DI RIFIUTI.>>>> Come testimonia Grillo nel suo ultimo spettacolo, queste>>>> microparticelle sono molto più pericolose delle macroparticelle dei>>>> gas di scarico delle auto, (le quali si depositano nei polmoni e>>>> comportano tosse e asma) perché entrano nel nostro sangue e si>>>> annidano negli organi rimanendovi per sempre e provocando purtoppo>>>> gravi forme di cancro. E' necessario quindi che chiunque legga >>>> questa>>>> email, comunichi a tutti i suoi amici, parenti,conoscenti che ci>>> sono>>>> delle aziende che ci stanno avvelenando consapevolemente.>>>>>>>> ECCO LE MARCHE E I PRODOTTI RISULTATI POSITIVI ALLE ANALISI SULLA>>> PRESENZA>>>> DI METALLI PESANTI:

PANE PANEM

CORNETTO SANSON

BISCOTTO MARACHELLA SANSON

OMOGENEIZZATI PLASMON AL MANZO

OMOGENEIZZATI PLASMON AL PROSCIUTTO E VITELLO

CACAO IN POLVERE LINDT

TORTELLINI FINI

HAMBURGER MC DONALD

MOZZARELLA GRANAROLO

CHEWING GUM DAYGUM PROTEX PERFETTI

INTEGRATORI FORMULA 1 E 2 HERBALIFE

PANDORO MOTTA

SALATINI TINY ROLD (USA)

BISCOTTI OFFELLE BISTEFANI

BISCOTTI GALLETTI MULINO BIANCO BARILLA

BISCOTTI MACINE MULINO BIANCO BARILLA

BISCOTTI GRANETTI MULINO BIANCO BARILLA

NASTRINE MULINO BIANCO BARILLA

BAULETTO COOP

PLUMCAKE GIORLETTO BISCOTTI

BISCOTTI RINGO PAVESI

PANE CARASAU I GRANAI DI QUI SARDEGNA

PANE CIABATTA ESSELUNGA

PANE MORBIDO MULINO BIANCO BARILLA

PANEANGELI CAMEO

NESSUNA DI QUESTE AZIENDE HA AVUTO LA DIGNITA' DI RISPONDERE ALLE>>>> LETTERE CHE GLI HANNO INVIATO I DUE RICERCATORI , AI QUALI TRA>>> L'ALTRO>>>> STANNO CERCANDO DI SEQUESTRARE I MICROSCOPI DI PROPRIETà>>>> DELLUNIVERSITA'. FORSE MOLTI DI VOI GIA' SAPEVANO TUTTO QUESTO, MA>>>> NON AVENDONE LA CERTEZZA HO VOLUTO INFORMARVI LO STESSO. COMUNICATE QUESTE INFORMAZIONI A QUANTA PIU' PERSONE POSSIBILE.

sabato 7 luglio 2007

Vignette di cui mi vergogno 3 (datate 2003)





Oddio, ce ne erano altre due! In quel periodo non c'avevo proprio un cazzo da fare (un pò come adesso...).

venerdì 6 luglio 2007

Vignette di cui mi vergogno 2 (datate 2003)






















cazzo, quante ce ne stavano! Spero vivamente che non ne vengano fuori delle altre...

Vignette di cui mi vergogno (datate 2003)



Andandomene in giro per internet, mi sono imbattutto in un vecchio sito, un giornale studentesco gestito da me e Danilo Palma, quando avevamo 18 anni per ciascuno ed eravamo molto, ma molto più stupidi di adesso. Naturalmente il sito è cosparso di luoghi comuni, tenuti assieme da una fitta rete di banalità (e sì, eravamo giovani e inesperti...), senza contare la militanza politica, appena, appena accennata.

Ad ogni modo, ho riso un sacco quando sono andato a rispolverare la vecchia sezione "Satira", dove pubblicavo le mie vignette. Non che siano in qualche modo divertenti o acute o profonde, ma a distanza di tanto tempo ho trovato i miei disegni (fatti rigorosamente su paint) molto buffi.

Ne ripropongo alcuni, nella speranza che nessuno legga le vignette, ma solo per ridere di un ragazzo che se ne stava su paint 3 ore al giorno per completare (in tempo utile per l'uscita dell'ultimo numero) questi disegni assurdi. Godeteveli.

giovedì 5 luglio 2007

Scrittori aspettano


Qua le cose si mettono male. Io proprio non ce la faccio più. Parlo di questo stato d’attesa, delle cose ferme sopra di me (sopra di noi), mai possibile che debba andare avanti così per molto? Aspetto l’università che non finisce mai, aspetto risposte da case editrici, aspetto che esca la mia prima pubblicazione in una antologia (ma quando arriva dicembre?), aspetto Geppina che mi deve far sapere se il mio racconto uscirà sul Roma, aspetto che il word riprenda a funzionare per finire il nuovo romanzo, aspetto, aspetto, aspetto. Mi sto anche rompendo un po’ le palle.
A me nessuno me lo aveva detto che fare lo scrittore potenziale fosse tanto faticoso, echecazzo! Presunti scrittori di tutto il mondo, ribellatevi! Quando vi arriva il terzo “sì” di una casa editrice e scoprite che si tratta per l’ennesima volta di una pubblicazione a pagamento, siete ufficialmente invitati ad incendiarne la sede. Giuro, il qui presente Luca Maiolino se ne assumerà il pieno onere legale. È semplice. Basta spedire la richiesta scritta, nella quale indicherete località e capienza della sede che avete intenzione di incendiare, a questo indirizzo:

Via ci avete rotto il cazzo
Editoria di merda, 71


Appena ricevuta l’e-mail di conferma potrete sbizzarrirvi con l’accendino e in più, con un vaglia di soli 20€, avrete il diritto di ricevere direttamente a casa vostra (con spese di spedizione interamente a carico mio) una tanica di benzina da cinque litri, che agevolerà senz’altro il vostro lavoro. Quindi, che aspettate? Accorrete numerosi! Il ricavato dell’operazione sarà interamente devoluto in beneficenza a me, che comprerò subito un bel biglietto per le bahhamas (che non si scrive così, ma tanto io me ne fotto, perché mica devo fare lo scrittore! Olè!)