lunedì 26 gennaio 2009

importanza della revisione finale


Dopo tre mesi di meticolosa programmazione della storia, sia dal punto di vista della struttura generale, che delle scene d’azione e riflessione, e dopo altrettanti mesi di scrittura, per quello che doveva essere il mio primo romanzo con un inizio e una fine degne di questo nome, mi sono reso conto di aver commesso dei tragici errori. La parte centrale della trama, quella che dovrebbe costituire il fulcro centrale della storia, sembrava invece aver assunto la funzione di una grande parentesi, che invece di lanciare i personaggi, li sospendeva in attesa del finale. C’è da fare una premessa: questo lavoro era già stato interrotto una volta, quando mi ero accorto che la storia cominciava troppo presto. A quel punto, avevo già buttato giù 40 pagine. Allora, presi la decisione di buttarle in senso letterale, e così ho fatto. Poi ho iniziato a programmare il lavoro, dalla prima pagina, l’unica che ritenevo buona. Ma adesso, a distanza di 6 mesi, l’idea di rimettere le mani nel romanzo mi tirava talmente giù che in un primo momento ho deciso di lasciar perdere, e ho chiuso tutto in un cassetto.

Naturalmente, ho passato diverse notti in bianco. Semplicemente, era impossibile liberarmi della storia. Se la voglia di raccontarla era stata così forte da farmi letteralmente ricominciare un romanzo la prima volta, come potevo sperare di farla franca? Ho iniziato a pensare a cosa mi avesse mosso a riscriverla, e poi mi sono visto progettare il lavoro, e mi sono ricordato della terribile sensazione che qualcosa in quello schema non andasse. Quei problemi che adesso erano così evidenti, si erano già palesati in fase di programmazione, ma in quel momento ero talmente sfiancato dal lavoro, che avevo deciso di non affrontarli. Avevo solo voglia di scrivere. Mi ero messo all’opera con la speranza che, in qualche modo, quelle falle si colmassero da sole. Ecco una lezione: è impossibile risolvere un problema narrativo se non lo si affronta a brutto muso. Qualsiasi tentativo di prenderlo lateralmente, o peggio, di schivarlo, è destinato a fallire.

Allora, mentalmente, mi sono messo a lavoro sul testo, e subito ho inquadrato l’errore: avevo sbagliato a scegliere l’antagonista. In fase di programmazione, avevo temuto che l’antagonista semplicemente mancasse, per cui ne avevo inventato uno che con la storia c’entrava in maniera marginale. Per questo il romanzo, a partire dal suo ingresso, iniziava a prendere la deriva. Non mi ero accorto che il vero antagonista era lì, sotto i miei occhi, è così l’avevo ridimensionato, dandogli meno spazio di quanto meritasse. Avevo perso di vista l’obbiettivo, per colpa di un’invenzione strampalata.

Adesso ho un elemento fondamentale con cui riprogrammare il fulcro della storia. Certo, rimango un po’ abbattuto. Soprattutto perché sarà impossibile lavorarci subito, dovendo dare i miei ultimi due esami tra un paio di settimane. Inoltre, subito dopo dovrò finire la tesi e lavorare a una sceneggiatura per un corto. Ma riuscirò a fare tutto, più lentamente magari, ma ci riuscirò. Devo assolutamente tenere duro. La mia forza sarà costituita dalle persone che mi sostengono e che credono nel mio lavoro. E tra queste ci sono anch’io, naturalmente.
Un altro elemento che mi deve rendere fiducioso, sono le pagine da cui intendo ripartire. La prima volta che avevo ricominciato il libro avevo ripreso da pagina uno. Adesso le pagine buone sono addirittura 70! La roba da distruggere riguarda 40 pagine, più una ventina da riadattare, ma il resto è abbastanza flessibile da rimanere immacolato, anche dopo una revisione profonda. Il buono della storia è ancora lì, vivo e vegeto sotto le mie mani, e chiede solo le attenzione necessarie per sbocciare in un tutto il suo splendore.
Sarebbe da vigliacchi decidere di abbandonarlo proprio adesso.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Nico sbrigati a finire tutto, soprattutto il libro.
Sono curioso di leggerlo!

Luca Maiolino ha detto...

speriamo che per fine marzo me ne posso andare in vacanza, così ad aprile organizziamo, capisci a me.